Fantasmi dello Tsunami

Ghosts of the Tsunami: Death and Life in Japan
,

Exòrma
31 agosto 2017
Copertina flessibile
324
Inglese
Pietro Del Vecchio
13 Giugno, 2022 22 Giugno, 2022

«Qualcosa si muove attraverso il paesaggio come se fosse vivo, un animale dal muso marrone che sobbalza avidamente sulla terra. La sua testa è una schiuma di detriti scheggiati; intere automobili scivolano sulla sua schiena... una grande imbarcazione lo cavalca nell'entroterra, a centinaia di metri dal mare».

L'undici marzo 2011, un gigantesco tsunami di trentasei metri di altezza si abbatte sulla costa nord-est del Giappone devastando la regione del Tohoku e causando più di 18.500 vittime.

Richard Lloyd Parry, corrispondente a Tokyo per «The Times» dal 1995, viaggia per sei anni nel cuore di comunità ferite e dissolte, in quella periferia estrema del paese, un luogo remoto, marginale, pervaso ancora oggi da una spiritualità arcaica. Lo scenario è archetipico: il fiume Kitakami è largo e potente; aironi, cigni e alzavole animano i fitti letti di canne; i villaggi ai piedi delle colline sorgono in equilibrio tra campi di riso e foreste. Egli comprende la vera portata della tragedia ascoltando dai superstiti le loro storie; genitori disperati, che hanno scavato nel fango per anni, si affidano a medium nella speranza di localizzare i resti dei loro figli. Quella terra si affolla di fantasmi, spiriti di persone annegate che sacerdoti zen provano a placare.

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Di cosa parla

Questo è un libro toccante, racconta la storia vera della popolazione giapponese subito dopo lo tsunami che ha devastato la costa nord-orientale. Si focalizza su una scuola in particolare, l’unica in cui gli alunni siano morti. Già, perché tra i 378 studenti morti, pare che solo quelli di questa scuola siano vittime dirette dello tsunami mentre erano a scuola (gli altri erano a casa o stavano andando a casa con i genitori). Il libro parla di questo disastro, delle decisioni prese dagli adulti della scola che hanno portato alla morte dei bambini, dei vecchi uomini del villaggio contro le giovani mogli che volevano andare a prendere i bambini e scappare sulle colline, ma essendo loro vecchi hanno esperienza col terremoto e la scuola è un posto sicuro, è costruita contro i terremoti (ma non contro gli tsunami) e dei genitori sia dei bambini travolti dall’onda sia dei bambini sopravvissuti, chi vuole dimenticare la tragedia per andare avanti e chi vuole giustizia.

Cosa ne penso

Ricordo ancora le immagini che le televisioni di tutto il mondo hanno trasmesso. Non del terremoto, siamo abituati a vedere la distruzione che un terremoto può portare, ma quella di uno tsunami? Ricordo solo due tsunami successi durante la mia vita, quello dell’Indonesia nel giorno di Santo Stefano 2004 e quello del Giappone. Ricordo entrambi, ma solo in quello del Giappone ho visto la potenza distruttiva in diretta TV. Ricordo dell’onda a Sendai che portava detriti e sommergeva tutto. Risaie, strade, il fiume che non esisteva più e le macchine che cercavano di scappare. E dentro di me dicevo “ma perché hanno aspettato così tanto a fuggire?”. Al momento non capivo.

Dopo il terremoto del 2004 mi era stato detto “se sei vicino al mare e succede un terremoto, non esitare, scappa il più in alto possibile o più lontano dalla riva del mare”. Nessuno mi ha mai parlato di scappare dalla riva dei fiumi vicino al mare, ma è anche questo che è successo. Fiumi che straripavano, persone che pensavano di essere al sicuro anche se vicino al fiume, ma non lo erano. Ho visto video di gente spazzata via dalla forza dello tsunami una volta che è entrato nel letto del fiume. E tutto questo in un Giappone che è abituato alle emergenze in cui tutti i giorni ci sono esercitazioni. L’unica esercitazione che abbiamo fatto noi è stata alle medie con i vigili del fuoco per l’anti incendio. Una sola. Non so se adesso ci sono esercitazioni nelle scuole o meno, ma se dovesse capitare un terremoto in Italia, credo che la maggior parte di noi non sappia cosa fare ed entrerebbe nel panico (e di terremoti ce ne sono stati in Italia – e le persone stanno ancora aspettando la ricostruzione -). Anche se dovesse capitare un incendio la maggior parte di noi non saprebbe che fare. Ma in Giappone? Come è potuto accadere? Sono così abituati no?

Poi, studiando l’accaduto ho capito. La potenza del disastro era proprio troppo grande anche per un Giappone così istruito nei casi di emergenza.

Sapevo della scuola, ma non sapevo nulla di preciso. Pensavo che sicuramente erano stati accolti di sorpresa. Non sapevo delle responsabilità effettive nel disastro.

Anche perché diciamolo, tutti a pensare a Fukushima e al disastro nucleare, delle persone morte nello tsunami, dopo poche settimane nessuno ne parlava, tanto che neanche mi ricordavo di questa tragedia. Me ne sono ricordata solo quando ho iniziato a seguire un pattinatore giapponese di Sendai, mi sono ricordata delle immagini trasmesse alla TV, prima di lui, il disastro dell’11 marzo 2011 era sinonimo di Fukushima perché è questo che le televisioni occidentali hanno trasmesso di più. C’è gente che non sa neanche della canzone composta per il disastro e che si mette a parlare a vanvera dopo che questo pattinatore giapponese ha pattinato un tributo ai 15.703 morti accertati, 5.314 feriti e 4.647 dispersi.

Quindi sono felice che questo libro esista e che non si focalizzi su Fukushima, che per carità anche quella è stata una tragedia per tanti (anche qui si parla solo dell’impatto ambientale e non delle migliaia di persone evacuate, degli animali lasciati a morire o dimenticati che ancora vagano in quelle zone). E trovo giusto che quella scuola rimanga come monito e che le voci dei sopravvissuti non siano soppresse.

Il libro non è per tutti. Se non si vuole sapere di più sulla vicenda molto probabilmente questo libro può non piacere, ma a me è piaciuto. Molte più persone dovrebbero leggerlo per non sopprimere la voce di 74 bambini innocenti della scuola di Okawa, non ascoltate dai loro insegnanti.

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